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09
Set
2023
Cortile interno

Dal Tibet all’Italia: guerrieri di compassione in carcere

Sabato



A cura di Liberation Prison Project Italia

Vivere la propria vita sotto il controllo dell’ignoranza: questa è la prigione più terribile in cui tutti sono reclusi (…).

La tua reclusione può essere esattamente come l’eremo di uno yogi, invece che prigione dovresti etichettarla eremo.

Lama Zopa Rinpoce

A seguito dell’invasione cinese in Tibet, numerosi monaci vennero reclusi nelle carceri cinesi. Nel suo libro La saggezza della compassione (Nalanda edizioni) il Dalai Lama ricorda: “Lopon-la fu incarcerato e torturato dai cinesi. Rimase prigioniero per diciotto anni. Poi, finalmente libero, venne in India. Gli chiesi se avesse mai avuto paura e mi disse: Sì, c’era una cosa di cui avevo paura. Avevo paura di perdere la compassione verso i cinesi”. 

Un’altra delle voci più forti contro il continuo controllo di Pechino sul Tibet, fu Palden Gyatso, monaco tibetano ed ex prigioniero di coscienza. Arrestato nel 1959, passò 33 anni in vari campi di prigionia della Repubblica Popolare Cinese perché rifiutava di ammettere che il Tibet appartenesse alla Cina. Per tutto quel tempo venne torturato e vide morire uno a uno tanti suoi compagni di prigionia, di stenti, per la tortura o perché messi a morte.

Amnesty International venne a conoscenza della sua detenzione intorno alla metà degli anni Ottanta e avviò la campagna per la sua liberazione.

Nell’agosto del 1992 Palden Gyatso fu finalmente rilasciato e scappò in India, dove passò molto tempo a parlare della sua esperienza e della situazione tibetana. A dispetto di quello che aveva subito non ebbe mai parole di odio o di rabbia nei confronti dei suoi torturatori e dei suoi aguzzini.

Nei quasi sette decenni trascorsi dall’occupazione, la Cina ha mantenuto il controllo sui monasteri tibetani, distruggendone alcuni, e ha limitato crescenti aspetti della cultura tibetana, come la lingua tibetana, sostituita dal cinese a partire dalle scuole, e le pratiche religiose buddhiste. Anche se il governo cinese ha ammorbidito alcune restrizioni sulle pratiche religiose tibetane, ancora oggi i monasteri sono tenuti a dimostrare la loro fedeltà alla Repubblica Popolare Cinese e chiunque può essere arrestato se trovato in possesso di una fotografia o un ritratto del Dalai Lama.

Tuttavia, grazie all’opera illuminata e instancabile del XIV Dalai Lama, la tradizione buddhista millenaria e la ricchezza della tradizione tibetana non solo sono sopravvissute, ma si sono diffuse in tutto il mondo.

Nel 1996, la Ven. Robina Courtin ricevette una lettera da un carcere di massima sicurezza degli Stati Uniti. La persona detenuta che le scriveva, avendo incontrato un libro di Lama Yeshe, chiedeva di poter ricevere altri testi e di poter adottare lui stesso i principi del buddhismo in essi descritti. A seguito delle prime lettere e delle prime visite della Ven. Robina, nacque il progetto, ispirato dalle storie dei monaci tibetani detenuti nelle prigioni cinesi, di aiutare le persone detenute a usare il tempo della carcerazione come un tempo di crescita personale e spirituale. Lama Zopa Rinpoce, guida spirituale del progetto, gli diede il nome di Liberation Prison Project e disegnò personalmente il logo del monaco volante. 

Liberation Prison Project oggi fornisce strumenti utili alle persone detenute per poter utilizzare nel modo migliore il periodo della carcerazione lavorando su di sé attraverso un sentiero di consapevolezza.  Il Buddha insegna che col paziente e quotidiano lavoro interiore chiunque ha la potenzialità di liberarsi. Gli ingredienti sono pochi ma fondamentali: consapevolezza, saggezza, compassione e forza interiore.

Persone che hanno vissuto l’esperienza della detenzione dichiarano che a un certo punto, il lavoro personale ha trasformato l’apparenza stessa del luogo in cui si trovavano, permettendo loro di considerare la cella e le circostanze di restrizione come il loro luogo di ritiro personale, la loro opportunità per portare lo sguardo verso di sé.

Oggi Liberation Prison Project Italia è attiva in 15 istituti penitenziari in tutto il territorio nazionale con più di 20 operatori. Periodicamente l’associazione indice dei corsi di formazione per operatori Liberation Prison Project, formando dei veri e propri guerrieri di compassione che possano rendere vivo il progetto in sempre più luoghi di detenzione e contribuendo a piantare i semi per il cambiamento là dove è più difficile arrivare. 


Lara Gatto

Lara inizia la sua attività professionale a vent’anni in un piccolo studio di ingegneria di Padova e da allora segue la propria carriera lavorativa in strutture sempre più complesse, svolgendo funzioni di gestione, pianificazione e controllo dei progetti.
La vita (o meglio il karma) le permette di spostarsi da un ambiente tecnico, ingegneristico, fatto di numeri e processi a un ambito dove potersi dedicare maggiormente a coltivare le relazioni e a stare molto a contatto con le persone.
Oggi è Presidente di Liberation Prison Project Italia e Coordinatrice Nazionale dei Centri di studio Buddhisti F.P.M.T.
“Ho incontrato il buddhismo “per strada”, amando viaggiare fin da giovanissima, ed è così, “on the road”, che mi piace pensare al Dharma.
Vorrei che i progetti che stiamo realizzando seguissero lo stesso principio, che fossero alla portata di tutti e che tutti potessero incontrarli unendosi al nostro cammino.
Quando provo a immaginare gli operatori che entrano nelle carceri, li vedo come un esercito di guerrieri di compassione che vanno a realizzare questo sogno”.


Maria Vaghi

Maria è mindfulness counselor Dharma oriented con formazione triennale presso l’Istituto Lama Tzong Khapa e altri approfondimenti sul tema. Come operatore LPP certificato ha condotto per quattro anni percorsi di consapevolezza a Milano-Bollate (individuali e gruppi nel reparto dei sex-offender) e ha seguito persone in affidamento che terminavano l’esecuzione della pena fuori dal carcere.
Come Segretario dell’Associazione opera in stretta relazione alla Presidenza e coordina le attività con i vari Istituti penitenziari italiani soprattutto nella fase di attivazione di nuovi percorsi con gli operatori certificati. Individualmente collabora col comitato editoriale di MindScience Academy (ILTK-UNIPI) e si occupa di formazione e counseling di mindfulness per aziende e privati.


Laura Loparco

Laura conduce gruppi di consapevolezza e incontri individuali presso il carcere di Milano-Bollate e coordina le attività anche degli altri colleghi che operano in questo Istituto.
La sua formazione ha inizio in ambito sportivo, prima come istruttrice poi nel ruolo di direttore generale di una società di pallavolo di serie B. Questa esperienza le ha consentito di sviluppare attitudini al “sentire”, accogliere e incanalare le aspirazioni dei ragazzi del suo team. In seguito ha integrato la sua formazione diplomandosi Insegnante Yoga, operatrice Shiatsu e acquisendo il titolo di Mindfulness Counselor presso la scuola Mindfulness Project. Docente di mindfulness e consapevolezza corporea per master di II livello presso la facoltà di veterinaria dell’Università di Napoli Federico II. Le sue competenze le hanno fatto maturare una vasta esperienza nel favorire processi di consapevolezza nelle persone a cui offre setting individuali o di gruppo.





Info evento
Dal Tibet all’Italia: guerrieri di compassione in carcere
Sabato

Appuntamento
Sabato
09/09/2023, 15:00
Luogo
Cortile interno


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